Potresti sapere molto su PECS® e sui percorsi di certificazione ma che dire delle persone che ci sono dietro?

Per il nostro blog di questo mese, abbiamo colto l'occasione per parlare con la dottoressa Vartellini del servizio di Ri/Abilitazione Estensiva per l’Infanzia e l’Adoloscenza ANMIC Riabilitazione di San Giovanni In Fiore. Psicologa, logopedista e analista del comportamento, conoscitrice del mondo Pyramid e certificata Implementer PECS®. Abbiamo dato uno sguardo al suo percorso professionale, alle sue riflessioni sulla CAA, al suo lavoro attuale nel trattamento dei disturbi propri dello sviluppo neuro-cognitivo.. Dalle premesse personali, alle considerazioni per i genitori... Abbiamo trattato molti argomenti. È una lettura abbastanza lunga, quindi potresti voler trovare un posto accogliente per godertela!

 

Qual è il tuo percorso formativo? Nasco dal punto di vista professionale come logopedista, nel 2008.  Il completamento del percorso è avvenuto con una tesi sul recupero della voce nei laringectomizzati totali. Migliorare le competenze comunicative di chi era rimasto senza voce era una sfida per me affascinante. Conseguita la laurea in logopedia, è immediatamente iniziato il mio percorso professionale. In una struttura di neuroriabilitazione e ri/abilitazione per età evolutiva convenzionata con il SSN, i pazienti che si ha l’opportunità di incontrare sono davvero tanti. Per quanto inizialmente fossi incentrata sugli adulti, qui sono entrata in contatto anche con l’età evolutiva, per la quale non mi sentivo molto affine.  Poi la svolta, con il metodo Feuerstein e da lì un crescendo d’interesse che ha deviato sostanzialmente il mio percorso verso i più piccoli. Seguono il primo corso da tecnico del comportamento (allora RBT), un secondo intensivo in struttura, un’esperienza sul campo in un centro ABA d’eccellenza, i primi contatti con la CAA. In questo periodo avviene la svolta finale: la mia decisione di intraprendere il percorso di laurea magistrale in psicologia già con in mente il conseguimento di un master di II° livello in Analisi del Comportamento Applicata, insieme ai primi corsi PECS e anche qui con in mente l’obiettivo di certificarmi come Implementer.

Davvero una formazione a 360 gradi! Ma oggi di cosa ti occupi, qual è il tuo lavoro? Lavoro ancora nella struttura dove ho iniziato, l’ANMIC Riabilitazione di San Giovanni In Fiore, dove sono arrivata a coordinarne il settore dell’età evolutiva con le mie colleghe e con ad oggi circa 150 bambini in carico con diagnosi differenti (dal disturbo del linguaggio all’autismo). Parallelamente, svolgo la professione di Psicologa presso l’ASP di Cosenza come libero professionista per un dei 3 centri per l’Autismo pubblici.

 

Dicci di più sul tuo incontro con il mondo Pyramid.. Sono entrata in contatto con i primi strumenti di comunicazione aumentativa durante i miei tirocini formativi; ho scelto poi di formarmi con Pyramid perché PECS è lo strumento di CAA basato sull’analisi del comportamento applicata, evidence based raccomandato anche dalle linee guida ministeriali per il trattamento dell’autismo. Oltre ai corsi che prevedono l’impostazione degli strumenti basati su scambio di immagini sono venuta a conoscenza anche della vasta gamma di corsi proposti e dei percorsi di consulenza e supervisione che era possibile effettuare. Seguo parecchi bambini in carico che utilizzano PECS, alcuni lo utilizzano adesso solo in modalità aumentativa grazie all’emergere del linguaggio vocale.

Quali sono gli aspetti che consiglieresti di PECS? La sistematicità e la generalizzazione: è importante che il quaderno di comunicazione diventi la “voce” del bambino e che questo venga generalizzato in tutti gli ambienti. È necessaria tanta forza di volontà e collaborazione, non solo tra professionisti e famiglia, ma anche con la scuola e gli altri contesti di vita (sport, ambienti ludici, ecc.).

 

Quali consigli daresti ad un genitore con un bambino con bisogni comunicativi complessi? Il mio primo consiglio è, innanzitutto, di informarsi sulle linee guida per evitare di perdere tempo prezioso e scegliere interventi evidence based, soprattutto inerenti i vari sistemi di comunicazione. Il secondo, consequenziale, è quello di formarsi sull’argomento il più possibile: i genitori sono il motore del trattamento, grazie a loro i bambini possono generalizzare le competenze e arrivare celermente all’obiettivo. Sempre i genitori possono creare occasioni di apprendimento quotidiane che consentono di arricchire il lessico dei propri figli e fornire così gli strumenti per una maggiore partecipazione ambientale, soprattutto al di fuori delle stanze di terapia che non devono rimanere l’unico luogo di apprendimento.

Quali consigli daresti ad un professionista che segue persone con bisogni comunicativi complessi? Di non aspettare l’emergere del linguaggio vocale e di puntare prima di tutto alla comunicazione, affinché, con il suo operato, incida realmente sulla qualità della vita delle persone e delle loro famiglie. L’altro consiglio è di impiegare strumenti validati scientificamente, su cui è stata svolta ricerca clinica e che impieghino un monitoraggio dell’intervento e degli outcomes. Un altro consiglio è quello di collaborare il più possibile con tutti gli attori che ruotano nella vita della persona con bisogni comunicativi complessi, poiché la loro presa in carico è una grande responsabilità: da noi operatori dipende la loro capacità di partecipare alla quotidianità, sentirsi inclusi e progredire negli apprendimenti. E la comunicazione è un punto cruciale, poiché consente di relazionarsi con gli altri e così, di vivere pienamente la vita sociale.